Prostata, scatta il verde

prostata scatta il verdedi Cristina Cimato – MILANO FINANZA Personal (6 Settembre 2014)

Greenlight laser e microiniezioni per ridurre il volume in caso di ipertrofia

Una luce verde può proteggere chi è affetto da ipertrofia prostatica benigna, una patologia che colpisce l’80% degli adulti maschi sopra i 50 anni, cui si accompagnano talvolta disfunzioni sessuali come impotenza e problemi di eiaculazione e difficoltà urinarie. Al primo meeting internazionale organizzato da un gruppo internazionale di ricerca a livello urologico, dal titolo Nuovi orizzonti nel trattamento medico e chirurgico dell’ipertrofia prostatica e del tumore alla prostata, previsto al Policlinico Tor Vergata di Roma dall’11 al 13 settembre, si discuteranno recenti dati, pubblicati sulla rivista European Urology, che indicano la comparabilità di questa tecnica con il trattamento più invasivo. «Quando la prostata si ingrossa in modo importante, ostacolando il passaggio dell’urina, è necessario togliere il tessuto in eccesso, l’adenoma», ha spiegato Roberto Miano, ricercatore dell’Unità operativa di urologia all’Università Tor Vergata e relatore al convegno, «fino a qualche anno fa veniva eseguita la resezione endoscopica, con il rischio di un sanguinamento importante e ospedalizzazione certa, mentre da qualche anno è in uso il laser al triborato di litio, che emette una luce verde e permette di concentrare l’energia in modo selettivo, vaporizzando il tessuto in eccesso con un’immediata coagulazione, nonché tassi di sanguinamento e tempi di cateterizzazione decisamente inferiori». Il 50% dei pazienti trattati è stato dimesso in 24 ore, e questo permette di proporre lo studio come trattamento in day surgery per casi ben selezionati. Inoltre, è l’unico laser applicabile anche ai pazienti in terapia anticoagulante e antiaggregante, perché non necessita la sospensione dei farmaci. Lo studio, denominato Goliath, è stato condotto in molti centri europei e coordinato dal Sant’Andrea di Roma e dal professor Andrea Tubaro. Sempre per contrastare l’ipertrofia si è diffuso in modo capillare l’utilizzo del farmaco tadalafil, ossia Cialis, che cura contemporaneamente i disturbi urinari e sessuali. Il limite risiede nel fatto che è un medicinale caro perché non coperto dal Sistema Sanitario Nazionale. Nel 70% dei casi la disfunzione erettile è accompagnata da ipertrofia prostatica benigna. Come è emerso la scorsa primavera al Congresso della European Association of Urology e come verrà ribadito al prossimo congresso della Società italiana di urologia, previsto a Firenze dal 26 al 28 settembre, l’86% dei pazienti non abbandona la terapia se seguito e sostenuto dai medici, migliorando così le proprie condizioni, altrimenti la rinuncia avviene entro poche settimane dall’inizio del trattamento. «Esiste ancora un’ampia fascia di pazienti che cerca di risolvere i problemi legati alla sessualità con il fai da te», ha affermato Vincenzo Mirone, ordinario di urologia all’Università Federico II di Napoli e segretario generale Siu, «su circa 3 milioni di italiani affetti da disfunzione erettile, solo 1 milione risulta in terapia ufficiale». Per riuscire a diminuire la grandezza della ghiandola, quando fonte di problemi, è in corso attualmente al San Raffaele la sperimentazione di una microiniezione con un medicinale che ha un effetto apoptotico, ossia favorisce il meccanismo di morte cellulare per permettere una riduzione del volume. «Finora sono stati arruolati circa 20 pazienti», ha commentato Francesco Montorsi, primario di Urologia e direttore scientifico dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, «ma è una strada che dà buone speranze».

Nuova Rm e Psa predittivo per il tumore. Più giovani e più numerosi, ma curati meglio e con sempre minor invasività. Nonostante il numero dei casi sia in aumento, anche la ricerca sul tumore alla prostata si avvantaggia di nuovi approcci, come per esempio le diagnosi precoci attraverso l’indicatore Psa, da eseguire già a 40 anni. «Negli ultimi mesi sono emersi risultati convergenti rispetto alla validità di questo esame, se eseguito precocemente, nell’escludere per almeno 5 anni la possibilità di insorgenza di tumore quando i livelli sono molto bassi, ossia inferiori a 1», ha commentato Montorsi, «sta invece esplodendo l’importanza, per coloro che hanno un Psa superiore ai livelli normali, di eseguire una risonanza magnetica transettale multiparametrica (eseguibile attraverso una sonda che somiglia a quella utilizzata per l’ecografia ma anche dall’esterno, grazie a magneti molto potenti che restituiscono immagini precise, ndr). L’esame è innovativo e permette di rendersi conto in modo preciso se vi siano zone sospette di tumore. Grazie a esso è possibile, se serve e in un momento successivo, eseguire una biopsia su quelle zone mirate». Di recente sono emersi anche i dati a 10 anni relativi alla chirurgia robotica, che confermano la tecnica sovrapponibile per efficacia all’intervento tradizionale, con recupero dal punto di vista della continenza e dell’erezione decisamente migliori.

Terapie focali in sviluppo. I due aspetti sopracitati sono senz’altro i più nevralgici e sentiti anche dai pazienti vittime di tumore della prostata perché socialmente invalidanti ed emotivamente fonte di imbarazzo e stress. Al meeting di Roma verranno eseguiti per la prima volta in Italia due trattamenti innovativi, ossia la Hifu e la crioablazione in modo focale. «In molti casi i tumori presentano una crescita lenta e un’aggressività ridotta, quindi i trattamenti radicali sono sconsigliabili, perché determinano complicanze vaste», ha commentato Roberto Miano, «attraverso la risonanza e all’identificazione spaziale del tumore, si possono applicare tecniche mininvasive, come quelle focali. I due approcci che verranno eseguiti a Roma da due massimi esperti mondiali sono già utilizzati per i trattamenti radicali, ma non sono mai stati applicati con questa modalità in Italia». Entrambe le tecniche sono in fase di studio, ma i risultati iniziali sono incoraggianti.

Hifu, eseguibile per via transettale, focalizza ultrasuoni sull’area da trattare e produce un effetto termico, provocando una necrosi dei tessuti, mentre la crioablazione agisce all’opposto, congelando la zona attraverso l’uso di un ago introdotto dal perineo e producendo uno shock cellulare. «Gli studi su queste tecniche sono in continuo aggiornamento e i risultati finora indicano una perdita di continenza pari allo 0% e un’impotenza compresa tra il 5 e il 20%, mentre con la chirurgia radicale queste percentuali salgono del 2-15% per la prima e del 40-80% per la seconda», ha precisato Miano.